Chronique par Ettore Garzia sur Percorsi Musicali (23 février 2013)

La ventinovenne Eve Risser è una pianista francese contemporanea che sta sviluppando una propria ricerca musicale che si fonda sui suoni « paradossali » del piano: si tratta di quei suoni estremi rinvenibili su toni particolarmente alti o bassi del piano che sono udibili dopo aver compiuto una preliminare operazione di preparazione del piano: come sottolineato da Cage, l’uso di questi nuovi suoni può consistere in stridori delle corde interne che, con oggetti piazzati su di esse o a contatto con i martelletti del piano, fanno fuoriuscire dei toni completamente differenti; si crea in tal modo un universo di nuovi suoni a cui la Risser affianca dei piano toys, le frequenze di un theremin e dei risonatori interni; la particolarità di Eve è che la ricerca si fonda sul paradosso, cioè su quei suoni totalmente mancanti del requisito degli armonici, a differenza di molti suoi colleghi che invece hanno cercato soluzioni che consentissero la mediazione del lato armonico, dove l’introduzione degli oggetti non arresta completamente il processo di trasmissione degli stessi, ottenuto suonando il piano quasi con una tecnica ordinaria (vedi proprio in Francia Benoit Delbecq). Il campo di esplorazione della Risser, inoltre, si sostanzia di uno speciale rapporto tra suoni e « silenzio »: in una dilagante ricerca di nuove condizioni di ascolto e di prospettive, la francese miscela questa miriade di « nuovi combattenti » con reiterati accordi « normali » ottenuti senza falsificazioni. « En corps » registrato lo scorso anno con un trio di improvvisatori eccellenti (Benjamin Duboc al cb, Edward Perraud alla bt) è la sua probabile consacrazione: diviso in due suites, la Risser fa esplodere il suo potenziale: « Trans » è quanto di più vicino al significato del termine la musica improvvisata abbia espresso: un brano di 34 minuti in cui i tre danno vita ad una perfomance esaltante, in cui si ricrea una sorta di « agonismo » musicale, in cui non c’è spazio per soste, si va avanti senza fermate; nel free jazz e nella musica improvvisata le « cavalcate » non sono certo mancate, ma qui si tratta di accettare anche un livello subliminale di sperimentazione. Capisco perchè Stef Gijssels e i suoi collaboratori abbiano tessuti lodi a non finire a questo progetto; in verità questo non è il primo lavoro di Eve Risser poichè la stessa (grazie alla Umlat Record, una neonata etichetta discografica tutta rivolta alla rivoluzione dei suoni) è udibile nelle formazioni dei Fenetre Ovale (duo con Joris Ruhl clarinetti e khan), The New Songs (un quartetto con due chitarristi « preparati » Kim Myhr e David Stackenas con voce Sofia Jernberg), Donkey Monkey (un duo con la percussionista Yuko Oshima) nonchè nelle installazioni sonore di Solo Reve Chaos e nell’Orchestra national de jazz (suona anche il flauto).
L’altro brano « Chant d’etre » è come dire, ancora più intimo, un veicolo perfetto per rappresentare nuovi mondi poetici nella musica: la cosa che colpisce è la completezza dei suoni, l’effetto estatico creato nel solco di una equa divisione tra suoni « forgiati » ed apparentemente inespressivi e suoni « riconosciuti » e risaputi del piano che spesso viaggiano in modo minimalistico, ma un minimalismo molto eclettico che si esprime con forme di cascate di note alla maniera del free jazz di Cecil Taylor racchiuse in moduli, su una struttura che richiama anche quel senso architettonico della modularità fornito dagli esperimenti fatti da musicisti come Nik Bartsch con i suoi Ronin, privati della ritmica. Cosa dire, è arrivato nelle mie orecchie troppo in ritardo, altrimenti questo « En corps » entrerebbe a volo nella mia migliore selezione dell’anno. Una delle frange più avanzate dell’improvvisazione francese e un esempio di debordante creatività.

 

 

 

 

 

 

 

 

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