Enrico Bettinello // Giornale della Musica (June 14, 2019)

Le esplorazioni di Mette Rasmussen
La sassofonista norvegese in duo con il chitarrista francese Julien Desprez

Solo poche settimane fa la Norwegian University of Science and Technology ha assegnato il proprio Jazzpris alla sassofonista danese (ma attiva a Trondheim) Mette Rasmussen. Potrebbe scappare un sorriso al pensiero che in Italia difficilmente si riuscirebbe a tributare un qualsivoglia premio a un’artista dal linguaggio così tagliente e poco conciliante, così come scappa un altro sorriso per coloro i quali continuano a pensare la scena jazz-impro norvegese solo in termini di amniotiche sonorità glaciali.
È una musicista coraggiosamente originale, la Rasmussen (sebbene il suo linguaggio si possa inserire chiaramente in una riconoscibile linea espressiva di sperimentazione sullo strumento), capace di abradere e di esplorare gli aspetti più materici del suo sassofono contralto.
Un eccellente esempio è The Hatch, nuovo lavoro in duo con il chitarrista francese Julien Desprez, uscito di recente per la Dark Tree Records.  Desprez è anche lui artista che non si tira indietro davanti all’idea di andare oltre il conosciuto e l’alchimia è a tratti pazzesca, come nella eccellente “Offenders”, che dopo l’irruenza della prima parte del disco, porta il suono verso un proprio ipnotico equilibrio.
Esplorando sia le scabrosità più evidenti dell’improvvisazione che mondi più doom (che affascinante “Matters of the Soul”), sbriciolando particelle come in “Twin Eye” o evocando fremiti pneumatici come nella conclusiva “Orange Plateau”, la Rasmussen e Desprez rinnovano la pratica con chiarezza e coraggio, schiudendo – come suggerisce il titolo – un qualcosa di vitale e pigolante che urla la necessità di vivere.
Disco più che consigliato a chi vuole tenere le orecchie aperte.

 

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